sabato 29 giugno 2013

Hawkeye #11

E con questo Fraction e compagnia mettono una bella ipoteca sull'Eisner Award di quest'anno


Lo fanno con un numeretto semplice semplice ma che alla base, come al solito, c'ha un'idea, che purtroppo non è cosa da tutti in quest'industria.
Se seguite Hawkeye ricorderete che il numero scorso è finito con la morte di uno dei comprimari. Matt Fraction decide di tenere il protagonista della serie in panchina e di far entrare in gioco Lucky/Arrow/PizzaDog, il cane che Clint Barton ha adottato fin dal #1, e raccontare tutta la storia dal suo punto di vista.
Clint e Kate escono un po' incazzati, la cosa lo confonde un po' perché alla fine non è che i cani capiscano molto del linguaggio umano, giusto qualche parolina ogni tanto tipo SU, GIU', AIUTO, NO, BRAVO, CATTIVO, PIZZA... il resto è tutto rumore di fondo, quello che Lucky  capisce subito però è che senza i padroni tocca a lui tenere d'occhio il palazzo, e se trova un cadavere sul tetto tocca a lui iniziare a indagare.
Ricordate qualche giorno fa quando parlavo di Dragonero e di come fosse un fumetto continuamente descritto, raccontato invece che narrato, e di come si lasciasse che la storia venisse continuamente spiegata e rispiegata dai dialoghi dei personaggi invece che lasciando parlare le immagini? Questo è esattamente l'opposto, l'esempio di come si possa raccontare una storia senza dialoghi ed anzi inventandosi di sana un sistema per descrivere un modo diverso di percepire la realtà: già detto dei baloon, Lucky capisce solo le parole più comuni e il resto risulta scarabocchiato. il modo più "semplice" di interpretare la realtà viene poi descritto con la tecnica usata nela tavola qui affianco, usando queste specie di diagrammi di flusso in cui ad ogni persona o fatto si associano gli elementi caratteristici: Clint, il biondo con l'arco, che beve litri di caffè e che mi prepara da mangiare; Il ragazzino dell'appartamento A che suona la chitarra e va in bici; I poliziotti, quelli che vanno in giro con la macchina che fa rumore, mangiano le ciambelle e hanno le pistole e via così.
In questo modo, senza umanizzare il cane, con qualche bella idea ed un ottima capacità di  storytelling di David Aya ci troviamo tra le mani un mezzo miracolo, una storia difficile da raccontare ma fatto così bene e con talmente tanto mestiere che scende giù liscia liscia senza accorgersene.
Tecnica, tecnica, tecnica, e la storia? Beh, quella andatevela a leggere, dico solo che se avete seguito la serie ha un finale che è una vera pugnalata al petto.
Questa, ripeto, per me è la pietra tombale sulla corsa agli Eisner Award di quest'anno.

In una scala dei tuoi cani preferiti che va da un chiwawa a qualunque sia stata la razza del cane che avevi a 8/10 anni (se non ce l'avevi, mi dispiace per te) Arrow#11 è un pastore tedesco, intelligente, arguto, e bellissimo.

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